Come funziona la raccolta di capitale on line

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http://www.businessvox.it/norme-e-tributi/pmi/crowdfunding-come-funziona-la-raccolta-del-capitale-online-il-regolamento-consob-440#axzz2Zquyd1CW

L’Italia è il primo Paese europeo a dotarsi di una regolamentazione della raccolta di capitali di rischio da parte di start-up tramite portali online.

Com’è noto molte sono state le novità del legislatore per aiutare la crescita delle piccole imprese in questi ultimi anni. Parliamo ovviamente del decreto legge 179/2012 che ha introdotto l’equity crowdfunding e la nuova struttura delle società innovative modificata di recente dal Dl 76/2013.

Proprio grazie a questi interventi, l’Italia è il primo Paese europeo (e davanti agli Usa) che si è dotato di una regolamentazione della raccolta di capitali di rischio da parte di start-up tramite portali online. Da una parte c’è l’opportunità di «testare» la reale disponibilità della Rete a mettere democraticamente mano al portafoglio e finanziare progetti sperabilmente innovativi ed «etici». Dall’altra, occorre che gli investitori potenziali siano ben selezionati e tutelati e che il crowdfunding non diventi una modalità di raccolta per imbonitori e truffatori vari.

Attualmente sono quasi mille le start-up innovative iscritte all’apposito registro che come tali avranno la possibilità di utilizzare l’equity crowdfunding. Questa tipologia societaria è stata introdotta dal decreto sviluppo dell’ottobre 2012 e definisce le imprese di proprietà di persone fisiche, neo costituite o con meno di quattro anni di vita, che esercitano attività «innovative» prevalentemente in Italia, e che soddisfano almeno uno dei tre requisiti seguenti: spese in ricerca e sviluppo superiori al 15% sul fatturato, titolarità di un brevetto o un software resgistrato, una quota minima di personale altamente qualificato.

Quelle che vorranno raccogliere capitali di rischio online dovranno avere un socio istituzionale (investitore professionale, fondazione bancaria, incubatore) che sottoscriva almeno il 5% dell’offerta. I presidi a tutela dei risparmiatori previsti dal regolamento Consob non riguardano gli investimenti di entità molto modesta (500 euro l’uno per un massimo di mille euro l’anno per le persone fisiche, 5mila l’uno o 10mila all’anno per quelle giuridiche), che rappresentano quindi un’area di «libera sollecitazione». Per gli importi superiori, la raccolta sarà riservata a portali on-line gestiti da soggetti (anche intermediari finanziari) iscritti a uno specifico registro che dovranno rispettare il regolamento Consob sul crowdfunding (scarica il testo).

Poiché si tratta di operazioni completamente fai-da-te, non è prevista una loro profilazione da parte del portale online. Proprio per questo, gli investitori devono prendere visione delle informazioni pubblicate sul portale e nella sezione di investor education predisposta dalla Consob, rispondere positivamente ad un questionario comprovante la piena comprensione delle caratteristiche essenziali dell’investimento e dichiarare di essere in grado di sostenere economicamente l’eventuale intera perdita della somma che intendono destinare alla start-up. È chiaro che l’investimento in una nuova azienda può riguardare una minoranza di risparmiatori consapevoli, e questo è il modo individuato dal regolamento Consob per selezionarli.

Il regolamento prevede anche gli obblighi di trasparenza a carico degli emittenti, che dovranno aggiornare gli investitori dell’andamento della società. In sostanza, i risparmiatori che vorranno investire con l’equity crowdfunding dovranno diventare dei piccoli venture capitalist, con tutti i rischi conseguenti. Oltre a quello di azzeramento del capitale, anche di difficile liquidabilità dell’investimento negli altri casi. Le azioni di queste startup non danno utili, non sono quotate in Borsa (anche se qualcuna potrà accedervi in futuro, se avrà successo), e le uniche tutele previste sono il diritto di recesso e quello di covendita (tag-along right) dei soci di minoranza in caso di trasferimento del controllo della società.